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TAVOLA ROTONDA IL
COLLOCAMENTO MIRATO: |
(i testi non sono stati rivisti dai relatori) Presidente Parodi: adesso diamo la parola al dottor Patrizio Tambini, che è anche consigliere in questa provincia, e che ha già collaborato con noi sulla famiglia e fa parte della segreteria delle politiche sociali della regione Lombardia, ha accettato anche se chiamato proprio all'ultimo momento, perché chi avevamo interpellato ci aveva promesso che sarebbe venuto poi in effetti durante l'estate è successo che questa disponibilità è venuta meno. E abbiamo bisogno di sentire anche la voce della regione Lombardia per quelle che sono le sue competenze in merito appunto all'applicazione di questa legge. Grazie per essere qui con noi. Dottor Patrizio Tambini Grazie al presidente Parodi, la mia disponibilità c'è sempre, diciamo che la titubanza è nel fatto che, mentre quando ho partecipato con voi al convegno sulla famiglia era materia che avevo avuto modo di seguire effettivamente quanto si era prodotto all'epoca sia in termini normativi e sia in termini di iniziative. Questo di oggi è un tema che a livello della regione Lombardia il nostro assessorato ha seguito marginalmente, essendo un tema soprattutto di competenza dell'assessorato al lavoro ,che è quello che più specificatamente ha seguito la cosa. In questo senso il presidente aveva correttamente contattato una persona di quell' assessorato che probabilmente avrebbe potuto dare qualche notizia in più. Per cui io chiedo scusa fin d'ora se non sarò estremamente compiuto nell'intervento, mi sono fatto appunto aiutare da alcuni colleghi, anche se, sulla base delle cose che ho sentito fino ad ora, penso che il contributo può essere comunque utile e interessante. Dunque le politiche del lavoro e le politiche sociali per una piena e reale integrazione lavorativa e sociale della persona diversamente abile sono in regione Lombardia ispirate ai medesimi principi che hanno regolato e regolano l'insieme delle politiche del welfar lombardo. Cioè, esattamente come si diceva, si vuole affrontare questo problema organicamente, interamente, condividendo quelli che sono gli aspetti fondamentali. Quindi non un aspetto marginale, non un aspetto secondario, ma un aspetto che a pieno titolo fa parte di quel tentativo di riorganizzare tutto il settore dell' welfar, perché riteniamo che quando si parla di centralità della persona, quando si parla del ruolo della famiglia come fondamentale dal punto di vista del riferimento, quando si parla di libertà di scelta e di sussidiarietà, questo riguarda tutti quegli aspetti che interessano la persona nella sua globalità e quindi, ancora di più, una situazione in cui viene richiesto un intervento più mirato più specifico più attento. Perché a volte la persona, la famiglia va tutelata soprattutto, e di più, quando è in una situazione o di fragilità o di difficoltà oggettiva. Per la realizzazione di tali principi la regione Lombardia, per tutti i cittadini ma in particolare per quelli più fragili, ha riordinato il proprio sistema di servizi e di interventi attraverso sia la creazione di reti di risposta, sia la promozione di sinergie e di forti integrazioni tra i sistemi di offerta afferenti ai diversi comparti sanitari, sociali, e socio-sanitari, ma anche educativi e formativi del lavoro e del tempo libero. Proprio perché non ci si rivolga più soltanto all'aspetto legato all'emergenza dell'intervento, ma che sia il più possibile di aiuto in un intervento, in un'esperienza di vita sociale relazionale complessiva. Quindi anche gli aspetti del lavoro, della formazione, del tempo libero. Nei diversi atti normativi, regolamentari della regione è innanzitutto richiesto a tutti coloro che, a diverso titolo, operano con e per i disabili un cambiamento culturale che sposti l'accento, come dicevo prima, dalla sanità alla salute, dalla cura della malattia ad una presa in carico globale della persona in quelle che solo tutte le esigenze quotidiane che ciascuno ha. Quindi dagli obbiettivi specifici, per dire un titolo, ad un progetto di vita; progetto di vita che significa mettere al centro la persona diversamente abile, ascoltare ed osservare per capire, per dare continuità ad una presa in carico globale. Quindi, spostare l'attenzione dall'assistenza al diritto alla qualità della vita non è un problema solo dell'assistenza, ma è un problema che mira a far si che ciascuno, per la propria dimensione, sia in grado di essere attore e protagonista di se stesso. Ma allora e concretamente come si è agito e si sta agendo nella consapevolezza che siamo all'interno di un processo, che siamo ad un punto di partenza e non di arrivo? Nello specifico tema del convegno cioè dell'interazione tra politiche sociali e politiche del lavoro, la regione Lombardia, in applicazione di quanto disposto dalla legge 68, ha emanato una propria legge la 13, che prima veniva appunto citata dalla signora, del 2003, in cui i principi innanzi detti sono affermati e adattati al tema specifico della promozione all'accesso al lavoro alle persone disabili e svantaggiate. Viene ribadito che le iniziative da intraprendere, per la piena realizzazione delle finalità della legge, devono far parte di un sistema integrato di servizi per il lavoro, socio-riabilitativi, formativi e educativi, e anche di accompagnamento tutoriale nel posto di lavoro. Faccio un inciso sul problema che diceva prima la signora delle relazioni interne tra i lavoratori e quindi l'aiuto all'inserimento, non è un particolare, è decisivo perchè la possibilità che questa sia una risposta stabile e continuativa è legata a quello. Perché sappiamo che nell'ambiente di lavoro il livello della relazione, della motivazione nel rapporto di tutti giorni diventa un elemento decisivo che non è per certi aspetti regolamentabile, per un verso, o reso obbligatorio, per l'altro. Deve perciò essere una dimensione, una motivazione interna e che deve riguardare tutte le persone coinvolte in quel caso, di quel posto. Nella legge regionale si specifica che il sistema viene realizzato attraverso l'applicazione del principio di sussidiarietà verticale ed orizzontale, in cui vengono promosse le iniziative di raccordo delle reti di servizi per il lavoro delle province dei servizi socio assistenziali e quelle dei servizi educativi e formativi presenti sul territorio. Non a caso si parlava di strumenti come quello della convenzione che, veniva detto, è proprio quello che consente di mettere insieme la possibilità di costruire un percorso fra soggetti pubblici, o anche aziende, comunque condiviso. Cosa avviene più concretamente, dunque sul piano della sussidiarietà verticale: il fondo regionale istituito con la legge 13 viene assegnato per l'80%, quindi la gran parte alle province, che sono il soggetto individuato dalla regione per gestirlo. Capite che quando si parla di sussidiarietà di poter dare l'opportunità agli enti più vicini alle persone, più vicine al loro territorio, che meglio conoscono le esigenze, vuol dire dare i fondi affinché poi le province siano in grado di agire. L'erogazione avviene previa presentazione di un piano provinciale biennale di interventi di promozione e sostegno all'integrazione lavorativa che si intendono realizzare. Questo perché uno dei compiti e delle responsabilità della regione è che sui fondi, che pur in ossequio al servizio di sussidiarietà vengono dati, ci sia una verifica del loro reale utilizzo. La regione, cioè, chiede di vedere questi piani e di capire qual'è la ricaduta appunto in termini di utilità. Il rimanente 20% sarà gestito dalla regione che, sempre d'intesa con le province, potrà finanziare progetti sperimentali a valenza sovra-provinciale, finalizzati anche alla delicata questione del mantenimento del posto di lavoro, proprio perché il rischio è che non si raggiunge lo scopo che si vorrebbe: l'accesso stabile al lavoro. Sul piano della sussidiarietà orizzontale le province destineranno, almeno come indicazione, una parte del fondo pari circa al 25%, e qui è il dibattito é aperto perché le indicazioni tengono conto di quelle che sono le presenze, alle cooperative sociali che operano nel campo la formazione e dell'integrazione dell'inserimento lavorativo delle disabilità più gravi, fisiche e psichiche, e sensoriali, nella certezza che tali organizzazioni sono le più adatte a progettare e realizzare soluzioni di lavoro per le persone disabili, assicurando un percorso protetto verso il mercato del lavoro ordinario e le altre quote e accetteranno progetti e idee interventi che provengono dalle diverse organizzazioni di istituzione nel proprio territorio. Adesso mi rifaccio al passaggio in cui la signora parlava di ipotesi di neo o di rischio. Il problema qual è? E' che molte volte abbiamo avuto modo di vedere che ci sono delle cooperative sociali di tipo B, quindi che per legge e per scelta hanno questo nel loro scopo statutario, nei loro obiettivi prioritari, che funzionano. Talvolta, ha ragione la signora, funzionano soltanto nell'aspetto diciamo dei lavori più di manovalanza. Ma abbiamo esperienze, ad esempio io ne ho vista qualcuna in Brianza e qualcuna ancora più significativa nella provincia di Varese, dove invece partecipano anche ad attività realmente produttive. Qual è il problema? Il problema è che sono produttive per il semplice fatto che manipolano la materia trasformandola, con un diverso concetto però, che non sempre sono in grado di garantire la redditività di questa trasformazione e in questo le leggi dell'economia, purtroppo, sono quelle che sappiamo. Ecco perché a mio avviso la ratio della 381 dice il 30% delle persone svantaggiate eccetera....., perché normalmente è una dimensione che richiede la presenza e il lavoro anche di altre persone, ma anche in un principio di carattere integrativo e per evitare di creare isole che potessero somigliare a ghetti, e cose del genere, è importante che ci sia questo livello integrativo. Molte volte, io insisto solo su questo, ma per dare l'idea, perché poi i ragionamenti dovrebbero - a mio avviso - seguire le esperienze concrete se no rimaniamo sempre in campo teorico, questo aiuta soprattutto quel passaggio di difficoltà relazionale che a volte la persona diversamente abile può avere in un ambiente, perché non a caso - si diceva - il problema tocca di più l'aspetto psichico, che magari sono quelli che dal punto di vista della dotazione, diciamo così, fisica hanno meno problemi, ma proprio perché l'aspetto relazionale è predominante: sono quelli più fragili in questa situazione. Allora il passaggio sulla cooperativa potrebbe, ripeto poi sono cose che vanno misurate e valutate, potrebbe permettere questo tempo di protezione in ambito relazionale perché normalmente gli altri lavoratori impegnati in una cooperativa sociale di tipo B abbiano una motivazione, un'attenzione e quindi un approccio una modalità di vivere questo non diverso da un'azienda che invece ha altre caratteristiche. In questo passaggio si realizza un livello formativo che deve esser riconosciuto. Ma laddove essa è messa in condizioni di lavorare, la cooperativa può essere, a sua volta, un concetto di impresa sociale che tenga presente queste concezioni. Tanto è vero che a livello regione Lombardia, uno dei punti su cui si stava discutendo era, non so se questo è stato riportato, l'articolo 14. Permettere le convenzioni anche fra imprese e cooperativa sociale laddove per l'impresa, per caratteristiche, per situazione, per tipicità produttiva, diventava difficile o inadeguata, l'assunzione di persone di questo tipo, l'impresa attraverso il riequilibrio, e quindi l'assumersi l'onere economico, sostiene l'inserimento attraverso questa cooperativa. Chiaro tutto questo presuppone la presenza delle cooperative. Laddove ci fossero territori scoperti in questo senso, anche se devo dire che in Lombardia, almeno dai dati che abbiamo in regione, le esperienze di cooperazione sociale è estremamente significativa. Dopo di che, ripeto, sono tutte valutazioni che sarebbe bello vederle poi a risultati raggiunti laddove l'applicazione prende avvio. Sul piano dell'integrazione tra i diversi settori in ogni provincia, particolare cura ed attenzione sono poste per la realizzazione del servizio di collocamento mirato, ma penso che sarà oggetto dell'intervento del dott. Ferari. Si vorrebbe poi favorire un'intensa collaborazione con tutti i soggetti interessati sulla base delle reti di rapporto esistenti e con le aziende sanitarie, il SERT, le associazioni di famigliari e le associazioni come le vostre, istituzioni tipo INA e altro, proprio perché il livello informativo, lo scambio di esperienze è utile per capire qual'è il livello generale della situazione. Sul piano della realizzazione di integrazione tra le diverse politiche: nell'ambito della regolamentazione dell'accreditamento dei servizi socio-sanitari è stata prevista la possibilità di ricevere, presso le strutture comunitarie di domicilio dei disabili, un vaucer di assistenza con l'obiettivo - tra gli altri - di consentire al soggetto più fragile prestazioni integrate per il sostegno agli atti della vita quotidiana al fine di una sempre maggiore autonomia e di rispetto al progetto di vita. Nell'ambito della regolamentazione dell'accreditamento dei servizi sociali è prevista una unità d'offerta, denominata centro socio-educativo, che, raccogliendo l'eredità dei servizi formativi all'autonomia, assicura, tra gli altri, interventi a favore delle persone disabili, pur in presenza di discrete capacità relazionali adattive e di comunicazione ma che non sono in grado di accedere immediatamente ad un percorso di inserimento lavorativo. Quello che dicevamo prima, quindi, un momento di passaggio che aiuti a capire quale può essere il contesto più utile. E' stata finanziata la realizzazione di mini-alloggi protetti che consentano al disabile, con discrete capacità di autonomia, di poter vivere da solo pur in una situazione di sostegno alberghiero. L'applicazione dell'articolo 13 della legge 68: per quanto riguarda l'utilizzo delle risorse finanziarie, quel danaro di cui parlava prima la signora Lerna, messo a disposizione annualmente dal fondo nazionale, la regione Lombardia aveva provveduto a disciplinare la prima fase di applicazione, realizzando l'ammissione alle agevolazioni da parte della provincia, di anno in anno, e rimborsando a conguaglio la quota dovuta alle aziende tramite la provincia stessa. Poiché però le risorse del fondo assegnate annualmente alla nostra regione non consentono di fiscalizzere le assunzioni già in essere e le nuove per il massimo degli anni previsti dalla legge, 5-8 anni, si è ritenuto opportuno introdurre nel 2003 alcuni criteri innovativi per semplificare e razionalizzare il sistema, per agevolare la pianificazione da parte delle province degli interventi di inserimento lavorativo a favore delle persone disabili, e rendere gli interventi stessi più coerenti alle specificità del singolo territorio, in conformità a quanto disposto dalla legge stessa ed in linea con gli obiettivi e gli indirizzi fissati dagli atti di programmazione regionale. I nuovi indicatori adottati con tale delibera legano la quota di risorse di ogni singola provincia al concreto andamento sul territorio delle assunzioni in convenzione di disabili fiscalizzate e non. Così da legare la fruizione delle risorse all'efficacia della politica territoriale. Cioè, quello che si diceva prima, si vorrebbe arrivare a investire nelle risorse che ci sono laddove c'è una risposta più concreta nel raggiungimento degli obiettivi. Non tanto per premiare o penalizzare, perché ci possono essere situazioni territoriali diverse, situazioni del mondo del lavoro diverse per cui in certi posti è più possibile e in altri meno. Le risorse devono essere canalizzate tenendo conto di queste situazioni e non ripartite aprioristicamente. Altri elementi innovativi sono:
Vi sono poi progetti particolari, progetti per buone prassi, cioè di carattere operativo. I servizi di collocamento mirato in alcune province stanno utilizzando un programma studiato e sperimentato dalla fondazione Don Gnocchi di Milano, un'altra esperienza è quella che si chiama Liberamente che è un progetto di regione Lombardia coofinanziato dalla fondazione Cariplo, sempre fatto con la provincia di Milano, la regione Lombardia e l'associazione genitori. Il progetto, a partire dalla metodologia che dicevamo prima, intende individuare i percorsi più adeguati alle esigenze per l'inserimento lavorativo delle categorie di disabili, in questo caso soprattutto legate all'ambito dello psichico. La provincia di Milano, ma questo lo diceva già prima la dott.ssa Lerna, ha presentato una convenzione, un accordo quadro per le sperimentazioni di un modello finalizzato all'integrazione nel mercato del lavoro delle persone disabili che presentano particolari difficoltà nell'inserimento nel circuito lavorativo, ai sensi dell'articolo 14. La regione Lombardia ha poi partecipato ed è stata fruitore di un fondo sociale europeo, obiettivo tre misura B1, proprio sulla stessa tematica, questo ha permesso di finanziare 103 progetti per un totale di € 4.600.000 proprio in questa direzione che sono in fase di attuazione. Anche per il prossimo triennio la Lombardia intende rafforzare l'integrazione tra le politiche sociali e le politiche del lavoro in un quadro di sviluppo economico sociale bilanciato sostenibile. Come dicevo, è vero che la materia è portata avanti dall'assessorato al lavoro, perché deve tener conto di quei riflessi e di quelle relazioni per arrivare, attraverso queste possibilità, veramente a costruire quelle condizioni, ma è importante che non ci sia settorialità, in un ambito che invece deve tener presente una serie di situazioni che riguardano tutti gli attori, a partire dalla famiglia delle persone in gioco, alle realtà sociali, come il livello sindacale o quello dei vari enti locali. E un invito vorrei che farlo anche alle province. Molte volte si dice: quali sono le competenze nel sociale delle province? Ecco se su queste materie, al posto di disperdersi, io lo dico sempre e all'assessore Frigerio con cui io ho un ottimo rapporto, in 10.000 attività ci si concentrasse su questa, diventa estremamente significativa. Perché, nonostante la 328 dia le competenze ai comuni, la regione programma, eccetera ..., ma le politiche attive del lavoro devono essere fatte in chiave provinciale, devono essere sovra comunali e devono prevedere delle azioni, che se impegnassero le amministrazioni provinciali soprattutto su questo aspetto, riuscirebbero ad avere ed assumere un ruolo di particolare significatività. Grazie. |